Oltre l’orgasmo: cosa rende soddisfacente la vita sessuale delle donne?
L’orgasmo femminile è stato per lungo tempo avvolto da tabù, fraintendimenti e aspettative irrealistiche. Nella nostra società, permeata da modelli irrealistici, il piacere sessuale delle donne viene spesso trattato come un mistero biologico.
Ma cosa rende davvero soddisfacente la vita sessuale di una donna? In molte relazioni, l’orgasmo femminile viene spesso visto come la “prova” di un rapporto
sessuale ben riuscito. Questo approccio, noto com imperativo “imperativo dell’orgasmo”, è figlio di una visione riduzionista della sessualità, dove tutto ruota
attorno a un climax da raggiungere a ogni costo. Tuttavia, questo ideale rischia di trasformarsi in un’arma a doppio taglio: ciò che dovrebbe essere spontaneità
diventa prestazione, ciò che dovrebbe generare connessione diventa pressione.
Da uno recente studio condotto da ricercatori neozelandesi, con l’obiettivo di esplorare le connessioni tra la qualità dell’orgasmo e la soddisfazione nella relazione sessuale, emerge l’importante ruolo dei fattori relazionali: anche tra chi non raggiungeva l’orgasmo ogni volta, molte riportavano un elevato grado di
appagamento relazionale.
Un dato che mette in crisi l’imperativo dell’orgasmo e apre a una visione più complessa e realistica della sessualità femminile. La psicologia strategica ci insegna che i problemi si mantengono e si aggravano non tanto per la loro natura, quanto per le soluzioni disfunzionali che applichiamo. Nella sfera sessuale, una delle soluzioni tentate più disfunzionali è proprio quella della ricerca ossessiva dell’orgasmo.
Questo genera ansia da prestazione, frustrazione, vissuti di inadeguatezza e colpevolizzazione reciproca. Paradossalmente, più si cerca di ottenere l’orgasmo “a comando”, più questo si allontana. Come ci ha insegnato Paul Watzlawick e ci insegna tuttora Giorgio Nardone, a volte “più dello stesso” è la strada più diretta verso il fallimento.
Occorre quindi disinnescare la trappola della performance e restituire alla sessualità la sua dimensione comunicativa, emotiva, relazionale. I modelli socio-sessuali maggiormente in voga descrivono copioni, rinforzati da media e pornografia, che generano un’idea di sesso più centrata sulla performance che impoveriscono la gamma di possibilità espressive.
L’essere umano si sente infatti spesso in dovere di “funzionare” sessualmente secondo modelli esterni, invece di ascoltare e comunicare i propri bisogni reali. Il primo passo da fare in queste situazioni è ristrutturare questi copioni e proporre nuovi modelli di sessualità centrati sulla comunicazione, che crea la relazione,
sull’intimità condivisa, che genera sintonizzazione emotiva e sul piacere in tutte le sue forme, anche quelle non genitali. Un cambiamento che non parte dalla teoria ma dall’esperienza concreta. Per cambiare, prima dobbiamo sentire e solo successivamente potremo capire.
Nel lavoro clinico con donne o coppie che lamentano una scarsa soddisfazione sessuale, il terapeuta strategico non si focalizza sull’aumentare la frequenza degli orgasmi, ma sull’analizzare le dinamiche relazionali che ostacolano la spontaneità e il piacere. Spesso è utile cominciare proprio disattivando il “comando dell’orgasmo”, proponendo ad esempio una fase di esplorazione reciproca senza alcuna finalità orgasmica. Il cambiamento avviene quando si modifica il modo di percepire e reagire: la sessualità, liberata dalla performance, torna a essere gioco, curiosità, contatto.
A quel punto, l’orgasmo può accadere come effetto collaterale del benessere, non come obiettivo da rincorrere. Alcuni studi suggeriscono che le donne che fanno sesso meno di una volta al mese sono molto meno soddisfatte di quelle che lo fanno due o più volte a settimana. Questo dato potrebbe far pensare che “più sesso uguale più felicità”. Ma anche qui è necessario un distinguo: da un’analisi più approfondita emerge che non è la quantità in sé a generare soddisfazione, bensì ciò che quella frequenza rappresenta. Fare sesso spesso può essere indice di un legame affettivo vivo, di una buona comunicazione corporea, di un tempo dedicato al piacere.
In assenza di queste componenti, la frequenza rischia di essere solo un numero vuoto. Il piacere femminile non può essere ridotto a una formula matematica fatta di frequenza e intensità orgasmica. La sessualità è un linguaggio relazionale, una danza emotiva che coinvolge mente, corpo e cultura. Ogni tentativo di ridurla a prestazione genera paradossi e blocchi. Il compito del terapeuta — ma anche della donna stessa, oltre che del suo partner — è quello di restituire al piacere la sua giocosità e la sua dignità. Senza più inseguire l’orgasmo a tutti i costi, ma imparando a godere anche del viaggio.
Come scriveva Rainer Maria Rilke: “Amare è… forse questo, che due solitudini si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda.” E io aggiungo, anche nella camera da letto.
JG
Articolo pubblicato su SienaNews